Nelle colline dietro Imperia, tra gli uliveti, i pascoli e poi giù fin quasi al mare, è facile osservare nel paesaggio agricolo in pietra a secco ancora diverse centinaia di caselle, forse migliaia, alcune delle quali in ottimo stato conservativo straordinariamente sopravvissute agli attacchi del tempo e dell’uomo. Nessun architetto, nessun artista contemporaneo, le ha costruite, ma contadini; nessuno – quasi nessuno – le visita. Anche perché non esistono percorsi attrezzati, strade tematiche, che invitino e guidino alla scoperta delle caselle e dei paesaggi delle caselle.....
Queste piccole costruzioni in pietra a secco caratterizzate dall’originale copertura a thólos(*), assai diffusa con simili modelli architettonici in area mediterranea ed europea, sono abbastanza frequenti nelle campagne olivate della Valle Argentina (M.te Sette Fontane), delle Valli del rio S. Lorenzo, in Val Prino, in Valle Impero e nel Golfo Dianese. Ma ancor più visibili e frequenti sono al limite superiore del bosco, in zona di pascolo, dove l’abbandono agricolo è avvenuto prima e dove l’attività edilizia contemporanea è pressoché nulla. Le pendici del Pizzo d’Evigno e del Monte Faudo fino al Monte Grande rappresentano i luoghi dove questi manufatti figurano in numero elevato e sono facilmente visibili unitamente ad altre opere in pietra che un tempo costituivano, come in un grande giardino coltivato, il tessuto antropico del mondo agricolo.....
La tipologia arcaica delle caselle fonda le sue origini in epoca preromana, nella civiltà dei castellieri. Il tipo architettonico si è poi tramandato fino ai nostri giorni con le relative varianti funzionali strettamente legate alle necessità agricole locali e alle abili capacità costruttive delle maestranze, un tempo dotate, come osserva Renzo Piano, di un istinto naturale verso l’uso della pietra come materiale da costruzione.
Le caselle rappresentano quindi una manifestazione del paesaggio agricolo locale; appaiono talvolta invisibili ad un occhio disattento, riuscendo a mimetizzarsi con la trama delle tessiture murarie dei maxéi.
(Paolo Gollo, L’architettura e i luoghi delle caselle imperiesi.
Riflessioni contemporanee per nuovi paesaggi antichi.
pubblicato su: “Comunitas Diani – 2004”)