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 G i o r g i o   R i g o n

      Febbraio 1996. Il Circolo Fotografico “Riviera dei Fiori organizza un Workshop “attorno” al Festival della canzone Italiana di Sanremo.
      Dopo una serata preparatoria, ove si definiscono le linee operative per un lavoro di gruppo, ci disponiamo in quell’atteggiamento ricettivo e paziente, di tipo “cartier-bressoniano”, nell’attesa di un evento singolare o di qualche tipico bozzetto di vita.
      Casualmente, davanti ad un’edicola di giornali, ci colpisce un titolo da prima pagina: “Migliaia di ragazzine affluiscono a Sanremo da tutt’Italia per rendere omaggio ai Take That..
      Confesso la mia assoluta ignoranza in materia di cantanti, di complessi e persino di come quella strana sigla si possa pronunciare, ma colmo subito la mia lacuna culturale acquistando uno dei tanti giornaletti che, in quel periodo, diffondevano proprio il fascino e le virtù dei Take That. Mai informazione giornalistica fu più veritiera: fin dalle prime ore del mattino le strade che conducevano al teatro “Ariston” rigurgitavano di fanciulle vivacissime ed urlanti. Notammo subito che l’atmosfera era felice sì, e coinvolgente, ma pervasa da una struggente malinconia che molte ragazzine esprimevano persino con calde lacrime.
      Bastò soltanto qualche discreta domanda per apprendere che i quattro componenti del mitico gruppo, subito dopo la “performance” di San remo, si sarebbero divisi per intraprendere, ciascuno per proprio conto, la strada del successo individuale.
      Con un rapido sguardo d’intesa convenimmo che, per quella giornata, bisognava rinunciare ad ogni altro tema fotografico per concentrarci esclusivamente sul fenomeno di massa cui le scatenate fanciulle davano vita nell’attesa dell’arrivo dei quattro idoli.
      Ingenue, candide fanciulle! S’illudevano, con la loro appassionata testimonianza, di scongiurare il fatale scioglimento del gruppo.
      Per dodici ore accalcate dietro le transenne, trattenute a stento dalle forze dell’ordine, ad invocare i loro idoli, a decorarsi il volto ed altre parti del corpo con i loro nomi, ostentando immagini, poster, capi d’abbigliamento con i simboli della loro appassionata dedizione.


      Alla fine della giornata, i Take That, con scaltrezza, si sottrassero alla loro vista, raggiungendo l’Ariston per vie nascoste, protetti da altrettanto invisibili guardie del corpo.
      Care, amabili ragazzine! Noi fotografi, per tutto il giorno, siamo rimasti in vostra compagnia, ci siamo calati nel vostro stato d’animo condividendo la vostra struggente passione, vi abbiamo fotografato con curiosità, con gioia, da vicino, il più vicino possibile, con i nostri obiettivi “macro”, addirittura con le lenti addizionali, cercando di penetrare i vostri intimi pensieri e di dare forma visiva alla vostra emozione. I vostri begli occhi limpidi ci cercavano, ci consideravate fotoreporters importanti, inviati da chissà quali riviste, accreditati presso le alte gerarchie del mondo canoro, noi ve l’abbiamo lasciato intendere, (un piccolo millantato credito che, in quelle poche ore, ci ha consentito di carpire la vostra fiducia). Ad alcuni di noi avete addirittura consegnato letterine d’amore profumate, infiocchettate, sigillate con i vostri baci, affinché le recapitassimo ai divi del momento.
      Anche noi, però, come i Take That, vi abbiamo tradito: quelle lettere non sono mai giunte a destinazione; le abbiamo consegnate ad alcuni veri giornalisti-fotoreporters con preghiera di non disperderle e di valorizzarne i contenuti presso le loro redazioni. Non m’illudo che ciò sia stato fatto.
      Oggi, a distanza di undici anni, sono ripiombato nella più completa ignoranza del pianeta canoro ma rimpiango di non aver trattenuto quei segni grafici del vostro pensiero.
      Le fotografie, che conservo gelosamente e che riverberano il vostro candore di adolescenti, hanno dato vita ad una mostra itinerante, esposta in molti prestigiosi spazi espositivi in tutt'Italia; ma se avessi potuto corredare la rassegna con quelle letterine avrei conferito maggiore pregnanza ad un fenomeno di costume, nella forma inebriante che voi, indimenticabili fanciulle, avete saputo esprimere.
Giorgio Rigon
gi.rigon@virgilio.it

Sanremo, gennaio 2007